
In Italia, un Paese in cui "la tutela dei risparmiatori è affidata esclusivamente ai Tribunali", per via della crisi economica sta aumentando "moltissimo" la domanda di tutela legale da parte di risparmiatori, e di imprenditori, che intendono fare causa alle banche. A dirlo è Roberto Vassalle, avvocato mantovano considerato il 'terrore' delle banche italiane, per via delle centinaia di cause che ha vinto contro molti istituti di credito.
Sono opera sua, per esempio, la prima sentenza sui bond argentini e quella sull'anatocismo, l'interesse sugli interessi. L'aumento di domanda di assistenza legale, dice Vassalle all'ADNKRONOS, "c'è ed è costante: le sentenze di condanna nei confronti delle banche sono ormai numerosissime e, con la crisi, la domanda di tutela sta aumentando moltissimo". Del resto, spiega il legale, il risparmiatore in Italia ha poche alternative al Tribunale: se si invia una raccomandata alla banca chiedendo la restituzione delle somme indebitamente trattenute in relazione, per esempio, ai conti affidati, l'istituto "risponde con una lettera studiata in cui si sostiene che nulla è dovuto. Non ho mai saputo di una banca che restituisca i soldi, perché sanno bene che conviene resistere finché non c'è una sentenza di condanna". Il motivo è semplice: le banche sanno "che, per uno che fa causa, altri mille subiranno senza protestare".
Anche tralasciando i tanti casi del 'risparmio tradito' (Parmalat, Cirio, etc.), i comportamenti censurabili delle banche italiane, continua il legale, sono molteplici, a partire dai conti correnti che "inizialmente erano regolati da norme bancarie uniformi dettate dall'Abi. Queste prevedevano, all'articolo 7 delle Condizioni generali, il riferimento all'uso di piazza per la determinazione degli interessi debitori". I vecchi contratti, spiega ancora Vassalle, ''prevedevano inoltre la ormai notoria capitalizzazione trimestrale degli interessi". Poi le regole sono cambiate, ma le banche hanno fatto orecchie da mercante: "Nel 1992-93 è cambiata la legge - continua Vassalle - che regolava i rapporti di conto corrente". Le banche, prosegue l'avvocato, "negli anni successivi, sicuramente non subito, si sono adeguate, ma hanno continuato ad applicare la capitalizzazione trimestrale degli interessi e commissioni di massimo scoperto, in modo confuso e illegittimo, secondo quanto ha dichiarato la giurisprudenza. Per anni hanno addebitato, e ancora lo stanno facendo, spese non concordate con il cliente".
Non solo. Ogni tanto, prosegue il legale, "quasi tutte le banche, specie nei conti correnti affidati, inseriscono arbitrariamente addebiti come 'spese di gestione fido' o 'diritti di segreteria' che non sono assolutamente dovuti, che possono variare tra 30 e 50 euro che, moltiplicati per milioni di clienti, danno un grosso risultato". Insomma, "continuano ad inserire nei conti, approfittando dell'ignoranza dei clienti, somme non dovute". Per di più, continua Vassalle, gli istituti "non rispettano quasi mai il tasso pattuito. Viene convenuto un certo tasso, creditore o debitore, con il cliente, e poi, dopo venti o trenta giorni viene modificato unilateralmente approfittando di un buco legislativo, l'articolo 118 del Testo Unico Bancario, che prevede lo ius variandi. In relazione ai principi generali del nostro ordinamento, è consentito a determinate condizioni, che loro non rispettano mai". Le condanne di banche, continua l'avvocato, "oramai sono migliaia, ma ciò nonostante l'autorità di vigilanza non interviene con l'energia che la situazione imporrebbe".
Il cittadino, però, può difendersi. "Il privato che non è imprenditore e ha un conto non affidato, per cui la banca non riconosce interessi - spiega Vassalle - non può andare da un avvocato e fare causa, perché è molto costoso e le somme per conti correnti attivi sono sempre molto limitate. Si può però rivolgere direttamente al giudice di pace del suo paese, perché non c'è l'obbligo di assistenza legale e il procedimento è gratuito".
La normativa sulla class action ancora in stand by, una volta che verrà tramutata in legge, potrà "sicuramente aiutare, perché attaraverso le associazioni si possono promuovere con costi limitatissimi, azioni di interesse generale che obbligano un determinato istituto a comportamenti più regolari". La speranza è quella di poter così ottenere, continua Vassalle, "una sentenza di risarcimento dei danni nei confronti di tutti coloro che hanno subito danni dai comportamenti che vengono dichiarati illegittimi dalla sentenza che segue l'azione collettiva. Stanno cercando di snaturare e limitare la norma: bisogna aspettare. Continuano a rinviarla, perché hanno timore di questo strumento. La lobby bancaria - conclude - è potentissima".
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